Appunti di viaggio: Da Lierna a Varenna



Il tempo è stato clemente ! nonostante le previsioni meteo, i nuvoloni che ci hanno accolti a Lecco e i pensieri malaugurati di qualcuno, abbiamo preso solo qualche goccia di pioggia, la mattinata è stata perfetta: sole, aria fresca e limpida …

Questa volta con Mario arriviamo ‘PRIMA’ di Chenio !!!!!, pausa caffé al bar dove incrociamo un personaggio con un bicchierino di rosso in mano ( alla faccia, già a quest'ora ! ) e partenza puntuale per Lecco. Cambio treno sotto la pioggia e arrivo a Lierna con il tempo decisamente migliorato.

Passeggiata per Lierna fino al lago e visita al Castello ( più che altro è un piccolo borgo su un promontorio ) dove troviamo una sede dei giovani Padani e una caratteristica piazzetta ( piazza Dogali ) evocata a gran vode da Chenio, una triste pagina della nostra storia ( Battaglia di Dogali ) vicino il borgo Riva Bianca ( spiaggia da annotare ) e iniziamo la salita alla ricerca del sentiero del viandante.

Il sentiero all’inizio è piacevole, la salita dolce ( questa volta dobbiamo seguire la parte bassa del sentiero !!! ), improvvisamente la salita si fa + ripida con dei punti difficili tanto che cominciamo a dubitare di aver sbagliato strada !!! continuiamo faticosamente a salire e dopo un bel pezzo troviamo il rettangolino arancio con la dicitura ‘sentiero del viandante’; il sentiero è quello giusto ! e meno male che qualcuno dice che è un sentiero per le scolaresche …..

Superiamo quota 700 e quindi iniziamo la discesa per Fiumelatte, in questo tratto ci sono delle fastidiose e appiccicose mosche … la fame si fa sentire e quindi seduti sulle pietre lungo il sentiero cominciamo ad azzannare i panini !!!!

Ad un certo punto Chenio in una sola mano tiene un panino con 2 etti di mortadella trà indice e medio e un uovo sodo tra medio ed anulare, la stessa situazione si ripete x ben due volte ( deve essere un nuova dieta !!!) , purtroppo non aveva a disposizione un fiasco di lambrusco ma non si può avere tutto nella vita …

Rifocillati continuiamo la discesa per Fiumelatte, più sereni, i discorsi sono dei più vari, dalle memorie di Canio sugli argomenti più disparati al calcio ( finale del Milan, Inter e Mancini, esonero Deschamps …) .

Giugiamo a Fiumelatte, in questo periodo imponente e incazzato, tutto intorno goccioline d’acqua e un rumore assordante … bellissimo ( vedi foto ).

C’incammino per Varenna dove arriviamo poco dopo, si parla dei vizi capitali ( io opto per Lussuria e Accidia ), visita alla Villa Monastero dove una zitella di origine svizzera ci fa i biglietti controllando che non ci fregassimo i depliant a pagamento. Villa e giardino interessanti ( vedi foto ). Sosta alla chiesa che ci stordisce con uno scampanio, giro in centro, pausa gelato e partenza per Milano.


Da Lierna a Varenna

27 Maggio: Sentiero del viandante - Lierna Varenna

Appuntamento:
Ritrovo Biglietteria Stazione Centrale h 8:55


Andata:

2592 Milano Centrale 09:15 Lecco 09:56

5262 Lecco 10:13 Lierna 10:42

Ritorno:

1857 Varenna-Esino 17:21 Milano Centrale 18:30

2603 Varenna-Esino 18:24 Milano Centrale 19:30

1853 Varenna-Esino 18:40 Milano Centrale 20:13


Pranzo: Al sacco
Difficoltà: facile
Programma di massima:

Da Lierna a Vezio Da Castello, Coria (m.783), Fiumelatte, Varenna Km 8 ore 3.30

Cartina


Descrizione:
Da Lierna prendiamo il sentiero del Viandante scartando la deviazione per lortanella, percorso già fatto lo scorso anno.

Quindi passiamo per Fiumelatte, dove potremo ammirare il famoso fiume più corto d’Italia e poi ci dirigiamo a Varenna.

A Varenna visita all’incantevole cittadina e poi Villa Monastero con il pregevole giardino.

Diario di un ‘Viandante’

GENICO - FIUMELATTE - VEZIO

Da Genico si aprono due alternative verso Vezio: la prima ricalca con una certa sicurezza il tracciato conosciuto nel Basso Medioevo, la seconda, che sale al di sopra dei costoni ripidissimi dei Monti Parol e Fopp fino ad Ortanella per ridiscendere su Vezio, è più aspra e richiama un probabile andamento ben più antico.
Scendendo verso il Seminario dei Clarettiani, si percorre la strada asfaltata che porta al centro di Lierna; è possibile anche seguire un'altra via che si tiene più costa e raggiunge Castello sul lago attraverso Ciserino e Giussana. In tal caso è bene raggiungere i caseggiati settentrionali di Genico e scendere in breve verso nord-ovest alla Valle di Villa, risalendo poi la costa ubertosa fino alle case di Ciserino (m 280); 200 metri più sotto si entra in Giussana, dai vecchi fabbricati in genere rinnovati e ove un affresco ricorda la scomparsa chiesa di S. Caterina; la stradella lastricata scende fra vigne ed orti a sottopassare la linea ferroviaria per sbucare poi sulla provinciale di fronte a Castello.
Qui giungeremo invece da Genico lungo la strada del centro e girando, dopo il sottopasso ferroviario, alla Stazione; di fronte ad essa, si delinea la Via Ducale che mantiene nel nome il ricordo del vecchio percorso e tenendosi alta dietro i parchi delle ville che fiancheggiano la provinciale, corre diritta fino a sbucare su di essa. Siamo alla Riva Bianca, ampia falcatura della costa lacuale, provvista di una frequentata spiaggia, in un intorno di ville del primo Novecento dai parchi rigogliosi; lì vicino è il Ristorante Crotto, ormai centenario, oggi ambiente raffinato ma ancorato alla gastronomia locale. Presso villa Pini la fonte d'acqua ferruginosa ha una scultura di Giannino Castiglioni (1884-1971), autore di molte opere a Milano fra cui una delle porte del Duomo: a Lierna, suo paese d'elezione, prese studio e numerosi interventi attuò per abbellire la località.
La profondità del lago, qui dove venne girata la scena dell'Addio nella versione televisiva de «l Promessi Sposi» a cura di Bolchi, viene esaltata dalla penisola che si protende nelle acque con la massa compatta del borgo di Castello; un eccezionale intrico di viuzze e androni sorti intorno ad una torre contesa nella guerra fra Como e Milano nel 1124; precede l'abitato la chiesetta dei Santi Maurizio e Lazzaro, nota dal 1375, dalla semplice facciata a capanna, illuminata non solo dall'oculo ma anche dalle colorite immagini cinquecentesche dei patroni; le monofore rappresentano parte superstite del più antico edificio, ampliato nel Trecento e decorato all'interno da validissima mano come appare dai frammenti d'immagini, per esempio un finissimo S. Stefano tardogotico.
Al Crotto si sale sottopassando la ferrovia fino al Ronco e lì si incontra la stradella proveniente da Giussana e si continua a mezza costa sotto i dirupi del Brentalone, sul sentiero munito anche del segnavia 4. Si sormontano le rocce alla bella cappella che precede le cascine di Nero (m 382), nei cui prati si alza per una trentina di metri un grande abete rosso detto «il pino di Nero». Si attraversa la Valle della Pianca e si sale proseguendo sotto il Sasso della Botte, con una vista panoramica del lago e del sottostante scoglio di Vedrignano, ammatato di prati ed olivi e solcato dalla SS. 36. Si contorna poi la Valle della Boggia e fra boschi di castagni si giunge ai prati e alle case di Còria (m 780).
Mentre a destra si stacca un sentiero che conduce al Prato del Spin e quindi alla Bocchetta di Ortanella, la Strada del Viandante tiene la sinistra, supera l'avvio della profonda Val Vacchera e in breve si abbassa a Roslina (m 682) che indica forse, da «riva», il continuo smottare nella storia delle morene intrise dei tanti ruscelli che formano la successiva Valle del Petfer. Si scende lentamente sotto i ghiaioni del monte Fopp; a sinistra si distacca la strada dei Boschi, per la quale è possibile superare la Superstrada e toccare Pino, primo nucleo del comune di Varenna e antico abitato da cui proviene la famiglia omonima che diede il noto generale napoleonico: da qui, prima un viottolo acciottolato, poi una comoda stradella, conducono al lago e a Fiumelatte, dalla preziosa passeggiata ombreggiata di alberi; sulla riva prospettano direttamente vecchie case di pescatori e la villa Capuana un tempo dei marchesi Sfondrati; la trattoria Crotto, presso Pino, rappresenta nel nome uno dei numerosi locali tipici con cantine che costellavano il territorio.
Il Sentiero del Viandante ricalca invece la Strada del Boschetto, che prosegue diritta a quota 380 circa tenendosi entro il bosco ceduo, riceve dal basso la strada della Carata, passa sopra il paese di Fiumelatte e lascia a destra il sentiero che sale a Portola verso il crinale di Esino.

Un centinaio di metri più oltre, il solco del Fiumelatte che sgorga poco più a monte. E questo il «Fiumelaccio» che attirò l'attenzione di Leonardo da Vinci che lo descrive nel Codice Atlantico; se si scende lungo un ripido passaggio, si può vedere verso la foce la spumeggiante cascata o sorgente ad intermittenza, apparendo da marzo alla prima domenica di ottobre, dall'Annunciata alla Madonna del Rosario; il torrente esce da una lunga grotta che immette in un sistema di pozzi carsici esplorati negli ultimi decenni, ma fin da tempi lontani la sua origine interessò scrittori e naturalisti, da Paolo Giovio allo Stenone, da Spallanzahi a Stoppani, alimentando molte leggende: nel Cinquecento tre giovani del luogo, innamorati della medesima vergine, si misero alla prova e riapparirono impazziti dopo mesi di permanenza nelle oscure cavità delle caverne, allucinati di visioni di fulgide sirene; un sogno di bellezza che conquisto tra i poeti anche Longfellow. Senza scendere per la Boggia (il sentiero allude alla cavità del torrente), si prosegue poco sopra il Baluardo, che rammenta una fortificazione eretta dagli Sforzeschi durante le guerre veneziane, dove oggi si apre un belvedere coronato di cipressi, al vertice di un incantevole panorama.

Il Sentiero segue il passo sempre più arduo delle pendici, perdendo man mano la penisola di Varenna mentre si fa più nitido il castello di Vezio, contorna 'Il Cimitero degli Inglesi' a picco sul lungo parco di villa Monastero e si dirige verso la zona detta Scabium, forse dal latino scaber, che ben rende la tortuosa ascesa; ma dopo una solinga cappelletta, il sentiero svolta a destra, prima fra muri e roccette e poi sfociando in un pianoro ameno, cosparso di linde case, aggirando il colle che regge il castello ed entrando poi nelle fresche viuzze di Vezio.

Un minuscolo sagrato precede la chiesetta di Sant'Antonio abate, ricostruita nel 1570; popolari affreschi datati 1458 abbelliscono la parete di destra, mentre all'altare spicca un trittico cinquecentesco con la Vergine e i santi Antonio e Ambrogio, della scuola di Andrea Solario (la Madonna è replicata nella tavola parigina del cuscino verde). Ad ovest un viottolo rasenta il cimiterino e sale il colle fino al Castello di Vezio, tra i più belli del Lario. È un castello recinto che si e sviluppato intorno a una rimaneggiata torre quadrata dalla merlatura rifatta e che aveva un proprio ponte levatoio; il recinto ha tre torri aperte, e altre muraglie che si delineano a fatica fra i pianori e gli olivi.


Varenna
Quest’importante centro turistico sorge su un promontorio presso la foce del torrente Esino sotto lo scabro monte San Defendente, m. 1315, dalle cui cave, in passato, si estraeva uno splendido marmo nero e bianco-nero che dava lavoro a gran parte della popolazione.

Varenna è luogo notissimo del Lario che mostra qui la sua maggior ampiezza (km 4,5); è centro alberghiero di prim’ordine, ha ville bellissime, come quelle visitabili dei Cipressi e Monastero, tre chiese fra cui S. Giorgio dei secoli XIlI-XIV impreziosita da affreschi e da polittici quattrocenteschi a fondo dorato, da arredi lignei degli Albinola, da rilievi marmorei fra cui una Pietà del Quattrocento, da un Battesimo dipinto nel 1533 da Sigismondo de Magistris.

Due sono le feste tradizionali, in luglio la benedizione di S. Cristoforo (la sua immagine giganteggia sulla facciata della chiesa) e la regata di S. Giovanni Battista a ricordo dell'ospitalità data nel 1169 agli abitanti della rovinata Isola Comacina. Scendendo da Vezio, si può facilmente raggiungere la stazione ferroviaria che si trova sopra Olivedo al di là del torrente Esino.

Cenni storici:

La sua comunità risale al tempo dei Romani. Il suo nome compare per la prima volta nel 493 citato dal Corio nella sua storia di Milano, ma la prima notizia certa della sua esistenza, per ora, si trova nel testamento del Diacono GRATO di Monza dell’anno 769.

Coinvolta nella guerra tra Como e Milano nel 1126 fu sconfitta e saccheggiata dai Comaschi, nel 1169 invece, dopo la distruzione dell’Isola Comacina, divenne il paese più ricco del Lario.

Gli scampati all’incendio che si rifugiarono a Varenna non solo contribuirono ad aumentare la popolazione ma, portarono con loro anche il rito religioso detto 'patriarchino' o patriarcale di Aquileia.

Per non dimenticare la loro gloriosa isola chiamarono il paese, per qualche tempo, INSULA NOVA seu VARENA. Dopo aver fatto parte del Dominio arcivescovile, l’antico borgo passò agli Sforza. In due occasioni, nel 1224 e nel 1228, fu in guerra con Como e venne rasa al suolo. Fu questo uno degli ultimi atti eroici del popolo varennese perché in seguito fu costretto a sottomettersi prima ai Visconti fino al 1402, poi al tiranno Franchino Rusca e da ultimo passò nel 1537 otto Giuseppe Valeriano Sfondrati.

Il paese:

L’antico paese ha un invidiabile panorama, infatti, davanti all’abitato si dipartono i tre rami del lago e la vista spazia dal verdissimo promontorio di Bellagio ai più lontani paesi di Menaggio e Cadenabbia.

È un boro pittoresco caratterizzato da un susseguirsi quasi ininterrotto di case basse e uniformi, talora con affreschi o stemmi, addossate le une alle altre e riunite con tipici archi, da lunghi e stretti vicoli che si aprono a ventaglio e calano ripidi e dritti verso il lago.

Chiesa di San Giorgio

La parrocchiale del 1313, fu edificata su quella che oggi è considerata la piazza principale del paese.

Gli ultimi lavori di restauro furono realizzati negli anni Cinquanta ma non furono gli unici, infatti, l’edifico religioso subì diverse modifiche anche nei secoli XVII e XVIII.

La facciata principale, affiancata dalla robusta torre campanaria cuspidata datata 1653, con tre portali di linee settecentesche, un oculo tondo, una finestrella a croce, due finestre a sguancio e resti di lesene, esalta un antico e sbiadito dipinto trecentesco di San Cristoforo.

L’interno è a tre navate su pilastri tondi ed archi acuti con, nella navata centrale una copertura a capriate scoperte e, in quelle minori volte a crociera e absidi piane.

Qui vi troviamo custodite numerose opere d’arte, fra le tante ricordiamo: tre tavolette ed un polittico con la Madonna, i Santi Giorgio e Pietro Martire firmato da G. B. Brentani (1468), un confessionale barocco intagliato di Giovanni Albiolo di Bellagio (XVII-XVIII secolo), una croce astile cinquecentesca, una pala d’altare datata 1494 con 4 Santi e l’Assunta, una tavola quattrocentesca di scuola lombarda ed una datata 1533, l’altare marmoreo della cappella del Rosario e una Deposizione di Gesù dalla croce in pietra

Oratorio di San Giovanni Battista e Oratorio della Madonna delle Grazie

Entrambi gli edifici sorgono nella stessa piazza della parrocchiale.

Il primo, l’oratorio di San Giovanni Battista, è d’origine romanica e, secondo un’iscrizione del 1750 fu ampliato e consacrato nel 1151. Durante i restauri del 1964-67 furono ritrovati, nella navata, degli affreschi realizzati probabilmente nel Trecento. Conserva un raro arcosolio a funzione funeraria che rimanda, insieme all’aspetto a navata unica absidata, ad un’origine romanica, considerata del secolo XI ma con sopravvivenze più lontane. Interessanti gli affreschi nell’abside che dovrebbero risalire al primo Cinquecento.

Il secondo, l’oratorio della Madonna delle Grazie, è un piccolo edificio seicentesco che custodisce, nel suo interno barocco, un fastoso altare ligneo con fregi dorati, insieme con statue in legno policromo e tele del secolo XVII.

Villa Venini o Museo Civico Ornitologico 'Luigi Scanagatta'

In questa villa, sede della Pro Loco di Varenna, è possibile visitare il Museo ornitologico con più di 300 esemplari di fauna avicola del lago e delle valli.

Villa Capoana

Risalente al Cinquecento, la villa fu rimaneggiata all’inizio del Seicento da Ercole Sfondrati.

Villa Isimbardi o Dei Cipressi

La villa, d’origine antiche, sorge sulla riva meridionale del promontorio, fu proprietà dei Serpenti e nel XIX secolo degli Isimbardi. Fu ripetutamente ristrutturata sino a che, nella seconda metà dell’Ottocento, con la ricostruzione di Enrico Andreossi raggiunse la sua attuale forma neoclassica.

Il nome con cui è comunemente conosciuta deriva dai secolari cipressi che caratterizzano il giardino a terrazze digradanti verso il lago. Da qualche anno è proprietà pubblica.

Villa Monastero

Il nome deriva dall’originaria esistenza, in luogo, di un antico convento di monache cistercensi (1208) dedicato a Santa Maria Maddalena.

Le monache vissero per diversi secoli in pia obbedienza, forse ancora atterrite dalle vicende belliche che le avevano sloggiate dall’Isola Comacina e indirizzate su questa sponda orientale del Lario. Ma i tempi cambiano per tutti, per le monache, e molte di quelle che avrebbero dovuto concentrarsi nella contemplazione di Dio, pensarono che persino la loro santa protettrice aveva avuto una gioventù non proprio austera, e furono così tratte nella tentazione di imitarne i trascorsi più umanamente deboli.

Intorno alla metà del Cinquecento la fama del loro tralignamento si era fatta sin troppo estesa: la gente di Varenna cominciò a mormorare e le chiacchiere si sparsero lungo la sponda del lago fino a Lecco, e arrivarono naturalmente anche a Milano. Invece che un luogo dedito alla preghiera e alla penitenza si parlava, a proposito del Monastero di Santa Maria Maddalena, di un 'alloggiamento di innamorate', definizione che non doveva certo essere apprezzata da uno dei prelati più tremendamente severi di tutta la storia della chiesa ambrosiana: il santo arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Borromeo.

L’arcivescovo chiese che il monastero fosse chiuso, e papa Pio V si affrettò ad emettere l’ordine di scioglimento del secolare convento.

L’edificio, situato in un posto tanto bello, si rese così disponibile, e un nobile della non lontana Valsassina, Paolo Mornico, lo acquistò nel 1569.

Fu Lelio, figlio del nuovo proprietario, a trasformare, all’inizio del Seicento, con lavori di ampliamento e abbellimento, il convento in una signorile residenza e, come dicono le cronache, fece giardino ove prima era lago.

A metà dell’Ottocento la villa, che per molti anni portò il nome di 'Leliana'in omaggio a chi l’aveva trasformata, fu venduta ai Genazzini, che ebbero il solo merito di conservarla.

Ampie trasformazioni dell’architettura e del parco furono apportate dai successivi proprietari, in particolare dal tedesco Walter Kees, che l’acquistò alla fine dell’Ottocento ma gli fu sequestrata dal governo italiano nel 1915, in seguito all’entrata in guerra con la Germania.

Nel 1925 fu ceduta a Marco De Marchi che, nel 1936 la legò allo stato italiano perché fosse sede dell’Istituto Italiano di Idrobiologia e Limnologia.

Di particolare fascino e interesse troviamo la scalinata centrale cinta da balaustra scolpita culminante, al sommo, in un tempietto neoclassico, una fontanella, copia dell’originale di Villa Borghese a Roma, e il belvedere ceramicato, sulla amplissima distesa del lago e dei suoi monti.

Il rinomato giardino, visitabile al pubblico, è ricco di statue, sculture e di essenze mediterranee e tropicali che, nel mese di maggio, regalano al turista un’incantevole spettacolo.

Attualmente la villa è di proprietà del CNR ed è concessa in comodato alla Provincia di Lecco, che la gestisce per il tramite dell'istituzione Villa Monastero ente strumentale della Provincia medesima. Nella stagione estiva, ma non solo, numerose sono le attività organizzate dall'ente


http://digilander.iol.it/viabftx/viandante/html/aa_default.htm

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Villa Monastero

Periodo di apertura: Dal 31 marzo al 1 novembre 2007.

tutti i giorni: da lunedì a domenica compresi.

Orario di apertura: Ogni giorno dalle 9.00 alle 19.00.

Costo dei biglietti:

a - biglietto intero:Euro 2,00

comprensivo di volantino illustrativo del giardino

http://www.villamonastero.org/i/w3c/indice_i.htm


Meteo:

TENDENZA PER SABATO 26 E DOMENICA 27 MAGGIO 2007

Sabato e domenica tempo perturbato su tutta la regione, con cielo molto nuvoloso sulla Pianura e coperto sui rilievi. Precipitazioni moderate e diffuse a carattere di rovescio e temporale. Temperature in generale calo. Venti in montagna da sudovest, forti sabato e moderati domenica.

http://www.arpalombardia.it/meteo/bollettini/bolmet.htm

Appunti di viaggio: Sentiero del Viandante da Bellano a Dorio



Come al solito il grande Chenio è arrivato con buon anticipo all'appuntamento in modo da poter fare il solito sopralluogo di controllo della stazione.
Appurato che tutto era sotto controllo è arrivato al luogo dell'appuntamento insieme a Mario, anche lui evidentemente giunto in anticipo.
Caffè e partenza con il treno x Sondrio. Arrivo alla stazione di Bellano, vecchia conoscenza di altre gite tanto che abbiamo ignorato le indicazioni cartacee che avevamo e abbiamo percorso a ritroso il percorso fatto tempo prima.
Prima tappa interessante sul ponte sopra l'orrido in corrispondenza della chiesa di San Rocco con 2 bombe ( x uso con areo o da cannoni ? ) della 1a guerra mondiale all'ingresso.
Seguiamo le indicazioni per il sentiero del viandante, questa volta non ci sono grandi salite da fare.
Continuiamo a seguire le indicazioni in loco ignorando quelle che avevamo tanto che alla fine probabilmente abbiamo fatto un'altro percorso.
Tocchiamo alcune frazioni interessati lungo il percorso; a Lezzeno prediamo nota di una casa in vendita ( consigli x gli acquisti ! ), dopo giungiamo all' indimenticabile Pendaglio, frazione non raggiunta da strade, un gruppo di case diroccate abitate da pochi, curiosi e misteriosi personaggi ...., dopo arriviamo a Verginate dove intrattengo un interessante discussione con una persona che aveva appena acquistato una casa e che mi dice che deve ancora rogitare ( ? pazzo !!!... meglio tacere in queste occasioni ), giungiamo a Dervio dove andiamo in riva al lago per il pranzo. Qui ammiriamo le colline, non quelle nella sponda opposta ma quella di un ragazza stesa al sole ( mai viste delle tette cosi ! ) , si è aperta una discussione sul fatto che fossero rifatte ... rifatte o vere .. erano perfette !!!!, pranzo al sacco e via per il castello di Dervio che raggiungiamo dopo qualche errore nel trovare il percorso. Qui un signore con il caffè in mano ( che non ci ha offerto ) ci racconta i c..i suoi su come era arrivato a comprare la casa li, dopo un po ci molla e proseguiamo.
Giungiamo dopo a Corenno Plinio, dove visitiamo la chiesa di S.Tommaso, le Arche Andreane, e il castello ( sola dall'esterno ), bianchetto in un bar proprio sulla statale e ripartenza per la prossima tappa. Giungiamo all''affollata' stazione di Dorio in cosi facciamo visita alla spiaggia ( da tenere presente nei periodi affollati ). Treno per Lecco, gelato in centro e quindi partenza x Milano.
Gita interessante, poco faticosa, tempo perfetto, però quelle tette !!!!


Sentiero del Viandante da Bellano a Dorio

20 Maggio: Sentiero del Viandante da Bellano a Dorio

Appuntamento:
Biglietteria Stazione Centrale 8:55

Andata:
Milano Centrale ( 09:15 ) - Bellano Tartavalle Terme ( 10:22 )

Ritorno:
Dorio ( 17:23 ) - Lecco ( 18:14 )
Lecco ( 18:46 ) - Milano Centrale ( 19:30 )
oppure
Dorio ( 17:57 ) - Colico ( 18:10 )
Colico ( 18:23 ) - Milano Centrale ( 20:13 )
Colico ( 18:50 ) - Milano Porta Garibaldi ( 20:28 )

Pranzo: Al sacco
Difficoltà: facile

Descrizione:
Da Bellano a Dervio
Dalla stazione, Lezzeno, Oro, Valgrande, Dervio Km 4 ore 2.15
Da Dervio a Corenno
Castello di Dervio, Monastero, Corenno Plinio Km 1.5 ore 0.45
Da Corenno a Dorio ca Km 1.5/2 ore 0.55

Versione stampabile da portare

Da non perdere:

Il Castello di Dervio
Chiesa di san Leonardo
Monastero degli Umiliati
Corenno Plinio

BELLANO - DERVIO
Tenendo la sinistra dell'oratorio di S. Rocco, fiancheggia il cimitero una ripida scalinata, che sale diritta fino alla frazione di Ombriaco (m 324), seguendo una pista certo molto vicina a quella che si può desumere tenesse nell'età viscontea la via che consideriamo. Dal centro della località, dove la chiesa di San Bernardino rappresenta una delle primissime fondazioni votive in onore del santo della pace (1451), pur trasformata, se si tiene la destra, attraverso la provinciale oppure riscoprendo man mano tratti delle vecchie mulattiere, si va in direzione della Muggiasca, il territorio ridente sulla sinistra orografica del torrente Pioverna, che è costellato dei numerosi casali del comune di Vendrogno, ormai in Valsassina.
Da Ombriaco si può guadagnare Lezzeno proseguendo a nord fra villette e giardini, intersecando due volte la strada asfaltata.
L'itinerario segnalato preferisce orientarsi sul Lezzeno con un percorso un poco più agevole, che va pianeggiante oltre S. Rocco nella direzione finora usata; si imbocca la strada per Lezzeno e al primo tornante si prende - volendo - a sinistra una carrozzabile che porta verso Oro; alla prima piccola curva della strada il Sentiero si immette su un'altra vecchia mulattiera, che tagliando più lenta i pendii e traversando una volta la provinciale, conduce sotto il piazzale del santuario di Lezzeno. Il contorno è sparso di lindi fabbricati e si riscontrano ancora più a settentrione balze quasi incontaminate. Emerge su tutto il Santuario della Vergine, fra elaborate scalee recenti; è uno degli incompiuti Sacri Monti del Lario, originato da un pianto miracoloso di un'effige avvenuto nel 1688 e interpretato come avverso all'eresia luterana; l'edificio sorse fra il 1690 e il 1704, anno cui appartiene l'alta facciata barocca a vento che precede l'interno ricco di stucchi e di affreschi del Tagliaferri e del Morgari e con una pala di S. Giuseppe resto di un'edicola eretta nel 1625; la chiesa viene attribuita a un Quadrio, ma appartiene forse a Giorgio Vitali, architetto attivo nei dintorni. Salendo lungo il lato sinistro tra i cipressi, dietro un gruppo di vecchie case si riprende la mulattiera che mira diritta all'abitato antico della frazione, dalle pittoresche ed alte costruzioni, per lo più di sapore settecentesco: la stradina corre brevemente parallela alla provinciale di Vendrogno per meno di cento metri e si scende a traversarla in corrispondenza di una scala per calarci in una Valletta: lavatoio, poche case rustiche, un affresco murale, poi il sentiero segue il ciglione in vista di un basso promontorio verdeggiante: vigneti di grande accuratezza, orti feraci, radi gruppi di olivi e un respiro di vedute sul lago verso Acquaseria e Rezzonico. Aggirato un casale ammodernato, si entra nel bosco e si delinea nuovamente la mulattiera in pendio, fra rivoli di ruscelli e un ponticello in pietra.
Dopo un altro ruscello, ecco riprendere il prato che degrada verso il solco della nuova superstrada; si taglia il pendio a sinistra, lungo un muraglione trasversale, fin a giungere al limite dell'arteria, dove un tratto sterrato conduce sulla destra alla profonda incassatura ombrosa della Valle del Mulini: presso l'arcata del ponte sopravvivono suggestivi resti di impianti ed edifici produttivi.
La strada è ora acciottolata, passa accanto a una bella costruzione e una fontanina, lascia a destra l'amena rampa che sale alla frazione di Pendaglio, case alte e arroccate sotto il Muggio, in stretta e sopravvissuta unità con la chiesuola di S. Domenico voluta dagli abitanti nel 1680. La strada cordonata sfocia sull'asfalto della rotabile di Oro, che si attraversa per scendere nell'intimo del borgo, un tempo centro felicissimo, insieme con Verginate, della produzione dei vini bellanesi, noti alla mensa arcivescovile, come anche ai viaggiatori del secolo scorso che si meravigliavano di un vino marsalato, chiamato 'di paglia' o 'del tetto', ottenuto dall'uva passita sulle tradizionali coperture di paglia. Oro par strapiombare sul lago; strutture rustiche, piccoli slarghi, archivolti, l'uso fantasioso della pietra, l'idea ancor comprensibile di un abitato rurale intorno alla chiesina di S. Gottardo dal giallo manto che copre anche il caratteristico campanile; al patrono dei trafficanti venne dedicata questa struttura intorno al 1570.
Superata la chiesa si aggira la Valle di Oro, sempre in dolce paesaggio agreste, si sale al tabernacolo barocco e si risvolta a monte per tornare sulla strada sterrata che circonvalla il paese.
La pista sterrata continua per poco, rasentando una inconsueta cappella neogotica fra olivi e seguendo la falsariga della vecchia mulattiera, che a volte, come al passo del ruscello riaffiora ai margini con resti di massicciata e di passatoie. Un cippo datato 1729 segna l’avvio del percorso antico che scende alla Valletta di Pendaglio e alla seguente di Verginate. È l'ultima frazione di Bellano, inerpicata al limite del rado bosco e sotto affioranti dirupi, luogo in splendida positura e di antica data, dall'appellativo derivante forse da un nome personale. È da ammirare l'intera costiera che da Verginate decliva anche al di sotto della via, quasi una 'imponente scultura' - come è stato scritto - che rimodella le pendici in terrazzamenti a fasce ancor sparsi di qualche vigna, resto dell'intensa attività antica. Al passaggio della Val Grande si entra nel territorio di Dervio e dall'ombrosa spaccatura si riesce a bellissimi squarci solatii, con la mulattiera retta da poderose muraglie e in lieve salita fino a una bella cappelletta settecentesca. Al risvolto si ammira il conoide di Dervio proiettato da torrente Varrone nel lago quasi sempre solcato dalle bianche vele della flotta del Club Nautico di Dervio.
Appena sopra si delineano le case dei Ronchi ancora importante nucleo massarizio sulle propaggini del Muggio qui sempre più ripide: dalla Val Grande i sentieri guadagnano i 'monti' e i magnifici pianori di Camaggiore che erano le zone pascolive per il bestiame ora molto ridotto. In questa zona piuttosto selvaggia non mancano lepri, scoiattoli, donnole e tassi, qualche fagiano e pernici.
La mulattiera diventa un solco sulla costa sempre acciottolata e serrata fra muretti, ove si scoprono elementi antichi, incisioni, coppelle, un 'filet' a graffio di un antico gioco; fra cordonature si decliva man mano verso le cascine di Chignolo sopra il cosi detto Cantone della Balma, là dove inizia a stendersi il conoide del fiume Varrone; poco sopra la linea ferroviaria, si tocca la antica Nazionale che conduce a Villa. Deviando da Chignolo, sale un sentiero verso nordest, fra bosco e radi prati a Pianezzo. Al centro dell'altopiano si trovano resti di un grande recinto trapezoidale, con muraglie in certi punti ancor bene apprezzabili, di probabile fondazione altomedievale: era il Castelvedro citato negli Statuti locali del 1384 cioè il castello 'vecchio', forse altomedievale, alto sullo sperone (m 382) che guarda la via del lago. Per chi vorrà attuare questa digressione al Castelvedro, sarà più opportuno raggiungere il luogo di Pianezzo e scendere attraverso la mulattiera acciottolata che tra rado bosco e affioranti rocce rossastre guarda la riva sinistra del fiume Varrone e a giravolte, dopo una cappella della Nativita, si immette alla Villa presso la chiesa di S. Quirico.

DERVIO - CORENNO PLINIO
Il vicolo riesce presso il lavatoio sulla carrozzabile che conduce a Vestreno e alla Valvarrone, ricca di esauste cave di marmo e altre in attività di feldspato per caolino. Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XIl-XIlI, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un affresco del 1567. Il castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la provinciale asfaltata, proseguendo in discesa e passando sotto il cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. Il percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati, noto dal 1295 e alienato nel 1571.
Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XIl-XIlI, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un affresco del 1567. Il castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la provinciale asfaltata, proseguendo in discesa e passando sotto il cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. Il percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati, noto dal 1295 e alienato nel 1571. Poco più avanti si supera una condotta proprio a ridosso della Superstrada e quindi riappare nella sua antica conformazione la mulattiera dalla pavimentazione a ciottoli e in certi punti in roccia incisa a gradini: piccoli prati, vallecole, brevi anelli di olivi e di castagni restituiscono, con qualche cascina in pietrame, un respiro d'altri tempi. Fra muriccioli, la strada scende con una ampia veduta su Corenno Plinio e il suo castello. Tutta la zona presenta importanti livelli di anfiboli con granati e plagioclasio; e ben visibili a Corenno sono le rupi di paragneiss con quarzi mica e biotite, che offrono colorazioni scure, rosse o verdastre.

http://digilander.iol.it/viabftx/viandante/html/aa_default.htm

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