20 Maggio: Sentiero del Viandante da Bellano a Dorio

Appuntamento:
Biglietteria Stazione Centrale 8:55

Andata:
Milano Centrale ( 09:15 ) - Bellano Tartavalle Terme ( 10:22 )

Ritorno:
Dorio ( 17:23 ) - Lecco ( 18:14 )
Lecco ( 18:46 ) - Milano Centrale ( 19:30 )
oppure
Dorio ( 17:57 ) - Colico ( 18:10 )
Colico ( 18:23 ) - Milano Centrale ( 20:13 )
Colico ( 18:50 ) - Milano Porta Garibaldi ( 20:28 )

Pranzo: Al sacco
Difficoltà: facile

Descrizione:
Da Bellano a Dervio
Dalla stazione, Lezzeno, Oro, Valgrande, Dervio Km 4 ore 2.15
Da Dervio a Corenno
Castello di Dervio, Monastero, Corenno Plinio Km 1.5 ore 0.45
Da Corenno a Dorio ca Km 1.5/2 ore 0.55

Versione stampabile da portare

Da non perdere:

Il Castello di Dervio
Chiesa di san Leonardo
Monastero degli Umiliati
Corenno Plinio

BELLANO - DERVIO
Tenendo la sinistra dell'oratorio di S. Rocco, fiancheggia il cimitero una ripida scalinata, che sale diritta fino alla frazione di Ombriaco (m 324), seguendo una pista certo molto vicina a quella che si può desumere tenesse nell'età viscontea la via che consideriamo. Dal centro della località, dove la chiesa di San Bernardino rappresenta una delle primissime fondazioni votive in onore del santo della pace (1451), pur trasformata, se si tiene la destra, attraverso la provinciale oppure riscoprendo man mano tratti delle vecchie mulattiere, si va in direzione della Muggiasca, il territorio ridente sulla sinistra orografica del torrente Pioverna, che è costellato dei numerosi casali del comune di Vendrogno, ormai in Valsassina.
Da Ombriaco si può guadagnare Lezzeno proseguendo a nord fra villette e giardini, intersecando due volte la strada asfaltata.
L'itinerario segnalato preferisce orientarsi sul Lezzeno con un percorso un poco più agevole, che va pianeggiante oltre S. Rocco nella direzione finora usata; si imbocca la strada per Lezzeno e al primo tornante si prende - volendo - a sinistra una carrozzabile che porta verso Oro; alla prima piccola curva della strada il Sentiero si immette su un'altra vecchia mulattiera, che tagliando più lenta i pendii e traversando una volta la provinciale, conduce sotto il piazzale del santuario di Lezzeno. Il contorno è sparso di lindi fabbricati e si riscontrano ancora più a settentrione balze quasi incontaminate. Emerge su tutto il Santuario della Vergine, fra elaborate scalee recenti; è uno degli incompiuti Sacri Monti del Lario, originato da un pianto miracoloso di un'effige avvenuto nel 1688 e interpretato come avverso all'eresia luterana; l'edificio sorse fra il 1690 e il 1704, anno cui appartiene l'alta facciata barocca a vento che precede l'interno ricco di stucchi e di affreschi del Tagliaferri e del Morgari e con una pala di S. Giuseppe resto di un'edicola eretta nel 1625; la chiesa viene attribuita a un Quadrio, ma appartiene forse a Giorgio Vitali, architetto attivo nei dintorni. Salendo lungo il lato sinistro tra i cipressi, dietro un gruppo di vecchie case si riprende la mulattiera che mira diritta all'abitato antico della frazione, dalle pittoresche ed alte costruzioni, per lo più di sapore settecentesco: la stradina corre brevemente parallela alla provinciale di Vendrogno per meno di cento metri e si scende a traversarla in corrispondenza di una scala per calarci in una Valletta: lavatoio, poche case rustiche, un affresco murale, poi il sentiero segue il ciglione in vista di un basso promontorio verdeggiante: vigneti di grande accuratezza, orti feraci, radi gruppi di olivi e un respiro di vedute sul lago verso Acquaseria e Rezzonico. Aggirato un casale ammodernato, si entra nel bosco e si delinea nuovamente la mulattiera in pendio, fra rivoli di ruscelli e un ponticello in pietra.
Dopo un altro ruscello, ecco riprendere il prato che degrada verso il solco della nuova superstrada; si taglia il pendio a sinistra, lungo un muraglione trasversale, fin a giungere al limite dell'arteria, dove un tratto sterrato conduce sulla destra alla profonda incassatura ombrosa della Valle del Mulini: presso l'arcata del ponte sopravvivono suggestivi resti di impianti ed edifici produttivi.
La strada è ora acciottolata, passa accanto a una bella costruzione e una fontanina, lascia a destra l'amena rampa che sale alla frazione di Pendaglio, case alte e arroccate sotto il Muggio, in stretta e sopravvissuta unità con la chiesuola di S. Domenico voluta dagli abitanti nel 1680. La strada cordonata sfocia sull'asfalto della rotabile di Oro, che si attraversa per scendere nell'intimo del borgo, un tempo centro felicissimo, insieme con Verginate, della produzione dei vini bellanesi, noti alla mensa arcivescovile, come anche ai viaggiatori del secolo scorso che si meravigliavano di un vino marsalato, chiamato 'di paglia' o 'del tetto', ottenuto dall'uva passita sulle tradizionali coperture di paglia. Oro par strapiombare sul lago; strutture rustiche, piccoli slarghi, archivolti, l'uso fantasioso della pietra, l'idea ancor comprensibile di un abitato rurale intorno alla chiesina di S. Gottardo dal giallo manto che copre anche il caratteristico campanile; al patrono dei trafficanti venne dedicata questa struttura intorno al 1570.
Superata la chiesa si aggira la Valle di Oro, sempre in dolce paesaggio agreste, si sale al tabernacolo barocco e si risvolta a monte per tornare sulla strada sterrata che circonvalla il paese.
La pista sterrata continua per poco, rasentando una inconsueta cappella neogotica fra olivi e seguendo la falsariga della vecchia mulattiera, che a volte, come al passo del ruscello riaffiora ai margini con resti di massicciata e di passatoie. Un cippo datato 1729 segna l’avvio del percorso antico che scende alla Valletta di Pendaglio e alla seguente di Verginate. È l'ultima frazione di Bellano, inerpicata al limite del rado bosco e sotto affioranti dirupi, luogo in splendida positura e di antica data, dall'appellativo derivante forse da un nome personale. È da ammirare l'intera costiera che da Verginate decliva anche al di sotto della via, quasi una 'imponente scultura' - come è stato scritto - che rimodella le pendici in terrazzamenti a fasce ancor sparsi di qualche vigna, resto dell'intensa attività antica. Al passaggio della Val Grande si entra nel territorio di Dervio e dall'ombrosa spaccatura si riesce a bellissimi squarci solatii, con la mulattiera retta da poderose muraglie e in lieve salita fino a una bella cappelletta settecentesca. Al risvolto si ammira il conoide di Dervio proiettato da torrente Varrone nel lago quasi sempre solcato dalle bianche vele della flotta del Club Nautico di Dervio.
Appena sopra si delineano le case dei Ronchi ancora importante nucleo massarizio sulle propaggini del Muggio qui sempre più ripide: dalla Val Grande i sentieri guadagnano i 'monti' e i magnifici pianori di Camaggiore che erano le zone pascolive per il bestiame ora molto ridotto. In questa zona piuttosto selvaggia non mancano lepri, scoiattoli, donnole e tassi, qualche fagiano e pernici.
La mulattiera diventa un solco sulla costa sempre acciottolata e serrata fra muretti, ove si scoprono elementi antichi, incisioni, coppelle, un 'filet' a graffio di un antico gioco; fra cordonature si decliva man mano verso le cascine di Chignolo sopra il cosi detto Cantone della Balma, là dove inizia a stendersi il conoide del fiume Varrone; poco sopra la linea ferroviaria, si tocca la antica Nazionale che conduce a Villa. Deviando da Chignolo, sale un sentiero verso nordest, fra bosco e radi prati a Pianezzo. Al centro dell'altopiano si trovano resti di un grande recinto trapezoidale, con muraglie in certi punti ancor bene apprezzabili, di probabile fondazione altomedievale: era il Castelvedro citato negli Statuti locali del 1384 cioè il castello 'vecchio', forse altomedievale, alto sullo sperone (m 382) che guarda la via del lago. Per chi vorrà attuare questa digressione al Castelvedro, sarà più opportuno raggiungere il luogo di Pianezzo e scendere attraverso la mulattiera acciottolata che tra rado bosco e affioranti rocce rossastre guarda la riva sinistra del fiume Varrone e a giravolte, dopo una cappella della Nativita, si immette alla Villa presso la chiesa di S. Quirico.

DERVIO - CORENNO PLINIO
Il vicolo riesce presso il lavatoio sulla carrozzabile che conduce a Vestreno e alla Valvarrone, ricca di esauste cave di marmo e altre in attività di feldspato per caolino. Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XIl-XIlI, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un affresco del 1567. Il castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la provinciale asfaltata, proseguendo in discesa e passando sotto il cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. Il percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati, noto dal 1295 e alienato nel 1571.
Dopo una trentina di metri sulla strada di Vestreno o dei Ronchetti, ove si trova un antico masso-avello, la freccia indica una gradonata che sale rapidamente fra radi alberi, praticelli, orti e rocce affioranti fino all'abitato di Castello. Si gira a destra e si gusta il sapore arcaico di un villaggio fortificato, ricco di episodi che ciascuno può agevolmente scoprire, fino a una grande porta d'uscita verso nord: a lato, sul vertice del colle si erge un'alta torre dei secoli XIl-XIlI, ora serbatoio idrico, dal piano erboso dove si trova anche la vecchia chiesa di S. Leonardo, in veste barocca ma esistente nel Duecento e con un affresco del 1567. Il castello, a m. 282, guardava dall'alto sperone roccioso l'accesso alla Valvarrone, un tempo luogo produttivo di prim’ordine, sopra la precipite forra in cui rumoreggia il fiume: era il Castrum de Orezia, cioè dei Capitanei della pieve di Dervio, che avevano questo cognome.
Usciti dal paesetto, si osserva la bellissima positura, i prati dell'intorno, il paesaggio del lago e dell'opposto Rezzonico. Fra le rocce scistose dei dintorni si rinvengono massi-avelli e massi a coppelle, segni degli antichi popoli. Si imbocca a sinistra la provinciale asfaltata, proseguendo in discesa e passando sotto il cavalcavia per circa 250 metri, fino al primo tornante e alla centrale elettrica: qui riprende la strada sterrata che costeggia i muri di sostegno della Superstrada; uno slargo con fontanella si apre di contro ai prati di Chiari, gruppo di cascine ora per lo più trasformate. Il percorso continua pianeggiante sui 260 m di altezza; a sinistra appaiono i Ronchi e subito dopo, in lieve bassura fra roccioni il complesso rustico che costituiva il Monastero di Santa Clemente degli Umiliati, noto dal 1295 e alienato nel 1571. Poco più avanti si supera una condotta proprio a ridosso della Superstrada e quindi riappare nella sua antica conformazione la mulattiera dalla pavimentazione a ciottoli e in certi punti in roccia incisa a gradini: piccoli prati, vallecole, brevi anelli di olivi e di castagni restituiscono, con qualche cascina in pietrame, un respiro d'altri tempi. Fra muriccioli, la strada scende con una ampia veduta su Corenno Plinio e il suo castello. Tutta la zona presenta importanti livelli di anfiboli con granati e plagioclasio; e ben visibili a Corenno sono le rupi di paragneiss con quarzi mica e biotite, che offrono colorazioni scure, rosse o verdastre.

http://digilander.iol.it/viabftx/viandante/html/aa_default.htm

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Non dico accorrete numerosi, ma almeno siate TUTTI presenti col pensiero ed il sostegno morale!

un salutone

iL GRANDE 'CHENIO'

Mario ha detto...

Dove ci vediamo in Centrale, biglietteria centrale?

Anonimo ha detto...


Mario,

direi di vederci atrio biglietteria centrale, alla base delle scale mobili.
Poi facciamo i biglietti e prendiamo un bel caffè.
(non al bar dell'ultima volta, ma al solito posto al bar alla testa dei binari).

Il dubbio è se fare il biglietto di ritorno da Dorio o da Colico, pesniamoci un po' su.
Comunque, dovrebbe essere un bel giro, hai letto il documento redatto dal 'viandante' ?
Ok, allora a domenica mattina!

ciao

Anonimo ha detto...

PREVISIONE PER DOMENICA 20 MAGGIO 2007
Stato del cielo:
su Alpi e Prealpi da poco nuvoloso a nuvoloso con sviluppo moderato di cumuli pomeridiani. Altrove sereno o poco nuvoloso, con temporanei annuvolamenti.
Precipitazioni:
assenti, salvo possibili isolati rovesci pomeridiani sui rilievi.
Temperature: minime e massime in lieve aumento. In pianura minime intorno a 15 °C, massime intorno a 29 °C.
Zero termico: attorno a 3500 metri.
Venti:
in pianura a regime di brezza, in montagna deboli occidentali tendenti a ruotare da sud.
Altri fenomeni: nulla

Anonimo ha detto...

IL GRANDE 'CHENIO'


Sto aspettando con trepidazione gli appunti di viaggio?

ciao

Anonimo ha detto...

IL GRANDE 'CHENIO'


Allora gli appunti di viaggio????

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