25 Maggio 2008 - Cantine aperte a Peschiera e dintorni



25 Maggio, Cantine Aperte... un'occasione irrinunciabile per coniugare tre grandi passioni di noi Curiosandi: la bici, le gite furoi porta ed... il vino, naturalmente!
Grande organizzazione di Rosa con selezione minuziosa di cantine ed itinerari con notevole anticipo, ma tale precisione sarà compromessa dal meteo decisamente sfavorevole di questo Maggio che non riesce a decollare.
Per questo motivo l'itinerario originale verso il Canton Ticino, terra insospettabilmente ricca di cantine, viene abbandonato in favore delle colline moreniche del mantovano, a sud di Peschiera del Garda, zona che sembra promettere meno pioggia.
L'appuntamento è previsto per il treno delle 9:10 da Porta Garibaldi ed i partecipanti questa volta sono il Grande Chenio, Rosapristina, Mario e Pablo. La spesa complessiva della lunga distanza ferroviaria viene ammortizzata con un bonus Trenitalia da smaltire ed all'ora prevista, anzi in anticipo, siamo pronti alla partenza. Per ora non piove, anzi il tempo sembra migliore delle previsioni.



Il treno regionale compie tutto il tragitto in orario (anche se parte con qualche minuto di ritardo), e ci deposita sostanzialmente in orario alla stazione di Peschiera, dove il Grende Chenio procede al primo caffè della giornata. Visto che sono le 10:45 passate saltiamo in sella ed attraversando Peschiera ed il suo forte sul lago, ci dirigiamo verso la prima cantina che contiamo di raggiungere verso le 11:30 prendendocela comoda. Qui sul lago la cittadinanza sembra composta totalmente di turisti nordici attempati, ma una volta abbandonate le rive del Garda la strada comincia ad essere ondulata e non c'è nemmeno troppo traffico.
Raggiungiamo rapidamente Monzambano dove, invece di proseguire per la nostra strada, deviamo per il centro della cittadina in cerca di un monumento ai caduti, appuntamento irrinunciabile per il Grande Chenio. Purtroppo nella piazza del municipio c'è un mercato affollato e non riusciamo a vedere se le bancarelle nascondono il monumento tanto desiderato, ma non dovremo attendere molto, all'uscita del paese, nei pressi di un incrocio, eccolo lì!
Senza soffermarci troppo si punta verso la strada che porta a Castellaro Lagusello e dopo 4-5 km di saliscendi su una strada panoramica troviamo la prima cantina: l'Azienda Agricola Ricchi di Monzambano (http://www.cantinaricchi.it/).

All'entrata ci viene proposto un percorso fra le vigne, anzi due (uno di 1 km ed uno di 1,5 km), iniziativa che la cantina fa per la prima volta come esperimento e che è sicuramente gradita e da ripetere negli anni a venire. Lungo il percorso ci sono diversi cartelli indicatori delle tipologie di vitigno che stiamo attraversando, cosa che ci sarà utile sia per le domande che per la successiva degustazione. Al termine del percorso ci riportiamo all'ingresso della cantina dove ci uniamo a due visitatori stranieri ed una simpatica e carina signorina (sarà la famosa Chiara la cui avvenenza ci è stata descritta a Milano con la seguente frase: "la cantina Ricchi è una bella azienda, ma la cosa veramente unica è la Chiara"?) ci guida verso gli impianti partendo dalla zona di raccolta delle uve. In questa azienda tutte le uve provengono da produzione propria, tranne alcune uve per uvaggio che vengono da aziende nelle vicinanze la cui consulenza nella coltivazione è comunque a cura degli specialisti dell'azienda Ricchi. L'azienda gestisce in proprio tutta la catena di produzione, dalla raccolta alla fermentazione, all'imbottigliamento, all'etichettatura. Le due zone a mio avviso più notevoli e caratteristiche della cantina sono la zona dove vengono conservate le bottiglie di spumante (metodo champenois, anche se la denominazione è diversa per non violare le regole comunitarie sull'indicazione geografica tipica) una vera cattedrale, e la zona dove vengono conservati i tonneau, botti dalla capienza più che doppia rispetto alle più note barrique, che è di nuova costruzione, ma per la quale sono stati usati materiali d'epoca recuperati.
L'impressione più che positiva della passione con cui qui si dedicano alla viticoltura è confermata dalla rivelazione che i mercati a cui l'azienda si rivolge oltre all'Italia sono essenzialmente Olanda, e le aree tedesche, ma ci sono contatti con alcuni mercati più lontani (USA e Giappone) che però non si vuole che vadano troppo a discapito della qualità.
La degustazione ci permette di assaporare molti dei vini prodotti qui (ci sono una quindicina di tipologie) accompagnati da un bell'assortimento di snack per non ubriacarci e poi "raddrizzare" le curve alla ripartenza, in primis uno spumante brut molto gradevole, che ci prepara ad un tris di rossi: Cornalino (il cui settore avevamo attraversato durante la visita al vigneto), Merlot (un rosso corposo ed aggressivo) e Carpino Merlot (quest'ultimo è sicuramente il vino di punta dell'azienda, con una componente di uve passite che gli danno un aroma morbido e tengono a bada i tannini che altrimenti si presenterebbero più prepotenti come nel Merlot d'annata). Ultima degustazione, quando Rosa è già uscita a scattare foto, un passito vero e proprio (Passito Cime) a mio avviso ideale per accompagnare uno dei dolci tipici della zona più a sud, la sbrisolona.

Sicuramente rinfrancati dalla visita ripartiamo in direzione di Castellaro Lagusello, descritto pomposamente dai cartelli come "uno dei più bei borghi d'Italia", dove contiamo di mangiare e ci prendiamo subito un po' d'acqua dopo la prima pedalata, ma per fortuna la pioggia non è troppo fitta ed il paese è vicino, quindi riusciamo a raggiungerlo per una bella strada tortuosa tutta a saliscendi prima di bagnarci troppo e ci rifugiamo nella trattoria Colomba dove riusciremo a vedere anche la partenza del G.P. di Montecarlo di F.1! Pranzo con tutti i crismi, primo + secondo, senza rinunciare ad un vino rosso sfuso (come se oggi non avessimo fin troppe occasioni di sbronzarci). All'incidente di Bourdais e Coulthard constatiamo che la pioggia è cesata e decidiamo che è ora di vedere questo borgo e dobbiamo riconoscere che è proprio carino, con una villa privata dal giardino lussureggiante, una zona con un laghetto recintato (che non visitiamo) e diverse caratteristiche viuzze cieche, una delle quali porta ad un cortile dove il Grande Chenio si perde ad ammirare numerosi bellissimi bonsai.



Ripartiamo verso la prossima cantina (Mario è già qualche km che ha uno sguardo che vuole dire una sola cosa: "Lugana"), ma lungo la strada nei pressi di Pozzolengo passiamo davanti alla strada di accesso ad una cantina Borgo La Caccia (http://www.borgolacaccia.it/) che non era nei nostri programmi... però visto che siamo qui per divertirci e per vedere più cose possibili, deviamo e decidiamo di visitare anche questa.
La cantina è molto bella, anche se non è originale ed il suo aspetto d'epoca è stato ottenuto costruendo gli edifici con materiali di recupero (forse la riproduzione anche degli affreschi è un po' eccessiva ed artificiosa, ma l'insieme è nel complesso gradevole ed i vari ambienti sono curati fin nei minimi dettagli); il signore che ci guida ci descrive le varie fasi della lavorazione che viene effettuata con macchinari nuovissimi e computerizzati (al punto da prevedere la rottura periodica del "cappello" che si forma nel tino) e prevedono per tutti i vini rossi l'affinamento in barrique da 14 a 18 mesi; l'allestimento della cantina è stato terminato nel 2003 (se non ricordo male) ed è stato progettato ex novo secondo le migliori tecniche del momento.
Anche le vigne non sono antiche, ma dopo aver rilevato il terreno dal precedente proprietario sono state impiantate su questa collina negli ultimi anni con l'obiettivo di produrre sia vini di qualità (il vitigno più caratteristico è il Carménère, di origine bordolese, da cui si ricava in purezza il vino Carmenoise, di pregevole fattura) che buoni vini da tavola da uve Merlot e Cabernet.
Nonostante questa entrata recente nel mondo della viticoltura (tutte le persone che lavorano qui sembrano molto giovani) l'impressione è di una passione sincera abbinata ad iniziative promozionali più moderne (nella mattinata c'era un raduno di auto d'epoca e nel pomeriggio sono attese delle auto sportive) ed anche in questa azienda vengono seguite direttamente tutte le fasi della produzione vinicola.
La degustazione ci fa provare un chiaretto fresco e gradevole di pronta beva, il Carmenoire che è decisamente il vino su cui la tenuta la Caccia punta per aggredire il mercato dei vini "importanti", ed un Merlot denominato Aurelio leggermente meno strutturato e corposo del Carmenoire.
L'azienda ha una seconda zona dove vengono allevati dei cavalli da salto ad ostacoli e riusciamo a visitare anche quella grazie al responsabile delle scuderie che ci fa fare un lungo giro fra fattrici, puledri (l'ultimo è nato ieri notte), stalloni e cavalli destinati all'attività sportiva ed impegnati in eventi internazionali di grande prestigio. Questa è la parte originaria dell'azienda con scuderie modello alle quali ha fatto seguito negli ultimi anni la costruzione della zona dedicata alla viticoltura.
L'apprezzamento per questa cantina si accresce quando, nel leggere il depliant che abbiamo recuperato, scopriamo che in origine è nata come progetto sociale per la riabilitazione delle persone tossicodipendenti, quindi unisce un'attività di successo ad un fine originario nobile.

Ripartiamo dalla cantina prima che finisca il raduno delle auto sportive, anche perchè un signore in Ferrari ci sembra assai alticcio... speriamo che non guidi lui quando ripartono!
Abbiamo tempo di raggiungere un'altra cantina dalla quale dovremmo ripartire per le 17:30 per fare in tempo a prendere il treno delle 18:07 da Peschiera, quindi ci affrettiamo finalmente baciati da un pallido sole fino a quando giungiamo in località Pirenei... l'esotico nome ci fa pensare subito ad una foto che Rosa prova a fare in movimento, ma mal gliene incoglie: l'imprevisto è in agguato e si manifesta con una caduta rovinosa! Insomma una caduta sui Pirenei, come nelle migliori tradizioni del Tour de France.
Diverse sbucciature ed una botta sul ginocchio, ma come il miglior Chiappucci, Rosa si rialza e non si fa vincere dalla sfortuna riprendendo a pedalare verso la tenuta Roveglia di Pozzolengo (http://www.tenutaroveglia.it/), che però dovremo visitare un po' di fretta a causa dell'incidente, uniche vittime serie della caduta: pantaloni strappati e macchina fotografica deceduta.
Anche questa azienda è esteticamente molto bella (il Grande Chenio è affascinato in particolare da un trattore Landini tutto arrugginito parcheggiato nel cortile davanti al quale si fa fare numerose fotografie) ed ha anche la caratteristica di essere provvista di strepitose torte salate. A parte queste note gastronomiche, per quanto riguarda l'enologia finalmente entriamo nella "Lugana zone", provando ben due varietà, una affinata in legno, un po' troppo morbida per i miei gusti, ed una affinata in botti di acciaio che invece è perfetta. Proviamo anche un terzo vino, questa volta rosso e di uve cabernet, denominato Cà d'Oro che mi sembra la punta di diamante dell'azienda come era il Carpino Merlot per la Ricchi ed il Carmenoire del Borgo la Caccia, anche se declino la scherzosa offerta di riempire metà borraccia per confortarci nel resto della strada (la prossima volta installo una barrique sul telaio...). Ultima degustazione della giornata (la dodicesima) sarà per un passito, ma ormai siamo un po' di corsa e non riusciamo a gustarcelo appieno, dovendo anche rinunciare alla visita della cantina e degli impianti.

Usciamo e puntiamo su Peschiera dove giungiamo in una ventina di minuti senza ulteriori contrattempi, ma su una strada un po' trafficata, e siamo ben in tempo per il treno previsto che è in orario (indoviniamo persino dove si trova la carrozza per il trasporto delle bici... in testa!), saliamo a bordo e mi addormento sino a Segrate vinto dalla giornata impegnativa.

Come consuntivo della giornata dobbiamo riconoscere che alla fine ci è andata meteorologicamente più che bene, viste le previsioni, non faceva neanche freddo ed il Grande Chenio non si è nemmeno ammalato come pronosticato da qualche cassandra ( :-) ), l'unico scroscio di pioggia è stato abbastanza clemente con noi, le zone attraversate (sia i borghi che le campagne) sono molto belle e con un sole un poco più spavaldo avremmo rischiato l'insolazione più che la tonsillite!
Esperienza da ripetere, peccato che le prossime Cantine Aperte siano fra un anno, ma abbiamo visto che quasi tutte le cantine visitate erano aperte anche nei weekend normali, quindi non c'è bisogno di attendere così tanto!
E la ciclabile del Mincio è lì che ci aspetta...
Per dirla col Grande Chenio: e non per tutti (oppure "e non per pippe"!)

Pablo

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mezzi di trasporto

A dire il vero, nell'ultima cantina Canio e' stato piacevolmente colpito non solo dal trattore Landini, ma anche da uno splendido esemplare di Amerigo Vespucci (per i non addetti, la famosa nave scuola). Solo che in questo caso non se l'e sentita di fare la foto ricordo...

Anonimo ha detto...

ILGRANDECHENIO

In attesa della pubblicazione delle foto.
A proposito, Mariotto, il ginocchio te lo curo io :)

ciao

Silvia ha detto...

he he ma vogliamo parlarne della visita ai carinissimi puledri dopo la bistecca di cavallo alla brace? come ai vecchi tempi degli asini!
La gita cmq è andata benissimo nonostante le nefauste previsioni del tempo :)

Anonimo ha detto...

ILGRANDECHENIO


A dire il vero, una nota di merito anche per l'appassionato di bonsai!
Bellissimi esemplari.
Per la scottata di cavallo con salsa di capperi, tanto di cappello :)

ciaoooooooooo

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